Alessandro Laterza, in un garbato intervento agostano, ha posto un problema importante a proposito di Matera 2019, sostenendo che la strada da intraprendere per la città lucana non possa essere soltanto quella dello sviluppo turistico e della valorizzazione a breve dei beni culturali. Il rischio è cadere nella trappola della rendita. Capitale Europea della Cultura significa anche ragionare sui modelli di sviluppo del Sud, sulla trasformazione del fare impresa, su una modernizzazione sempre difficile. E’ utile vedere come il mondo della cultura e dell’impresa si muove su questo tema. Un altro imprenditore lucano, Pasquale Carrano, ha promosso un percorso nazionale che da Sud verso Nord promuove la riflessione sul tema della trasformazione intelligente della fabbrica. Sono segnali importanti su un Sud che si interroga su come trasformare il rapporto tra economia e cultura e tra città e impresa in un vero motore di nuovo sviluppo. L’economia della cultura e dei grandi eventi è un prisma dalle tante facce, a volte in contrasto tra loro. Che le economie degli eventi e dei flussi turistici portino con sé il tema della rendita immobiliare e dei suoi impatti sociali, è fenomeno ben noto che certo non riguarda soltanto Matera. Basti vedere come il ciclo creatività-rendita-polarizzazione urbana abbia scomposto e ricomposto la composizione sociale e produttiva di interi quartieri e metropoli europee e non solo. Ma non è un destino ineluttabile. Contano molto le politiche e il ruolo della politica. In Italia la vera posta in gioco è ricostruire, a partire dalla cultura, una capacità delle nostre città di essere porte sul mondo per i territori circostanti. Essere Capitale Europea della Cultura significa sviluppare uno spazio di posizione e di rappresentazione nuovo e più ampio, fondato sulla costruzione di un nuovo patto tra città e territorio, tra capitalismo delle reti ed economia manifatturiera/agricola, tra élite urbane e territoriali.
A Matera l’evento ha innescato speranze e un vitalismo imprenditoriale che sono forze positive se indirizzate verso una via allo sviluppo più alta e complessa che non la sola ricettività turistica. Per fare di Matera 2019 un vero motore di nuovo sviluppo, non solo per la Basilicata ma per l’intero Mezzogiorno, penso che sarebbe importante dare grande attenzione al tema di una nuova industria che anche nel nostro mezzogiorno in questi anni è cresciuta -e può ulteriormente crescere- proprio a partire dalla metamorfosi che la grande crisi ha prodotto. Anche nel mezzogiorno vi sono ormai molti esempi di imprese e filiere che funzionano come nodi intelligenti di rete tra mondo e territorio. L’ultimo rapporto Svimez mostra come l’industria meridionale nell’ultimo anno abbia dato segnali di vitalità, che però rimangono isolati in una società che fatica a seguire. Il tema della diffusione a Sud come a Nord delle cosiddette “fabbriche intelligenti” ha molto a che fare con il binomio città e cultura: perché non c’è fabbrica intelligente senza territorio intelligente e un rapporto forte tra smart city e smart land. Le reti digitali danno l’opportunità alle aziende di azzerare la distanza fisica da mercati e saperi pregiati; ma senza investimento in infrastrutture materiali e immateriali non c’è società intelligente. Porre al centro della capitale della Cultura questi temi potrebbe convogliare su Matera le forze di un Sud produttivo fatto di tante piccole e medie imprese meridionali che magari stanno già praticando questa strada con successo ma isolatamente. Matera è geograficamente baricentrica tra una economia leggera fatta di intreccio tra beni ambientali e culturali, servizi, creatività, agricoltura e turismo e le piattaforme territoriali in cui opera una industria meridionale capace di competere, internazionalizzarsi e crescere. C’è una eredità olivettiana che fa della città il luogo ideale per proporre un discorso nuovo sul Sud e sul suo sviluppo. Matera sta in mezzo su un asse tirrenico-adriatico Napoli-Bari composto dalle piattaforme industriali della meccatronica e dell’avionica pugliesi, dall’hard economy del petrolio con il suo indotto produttivo, dalla piattaforma del TAC da tempo in ristrutturazione e dall’insediamento di Melfi, fino al cluster dell’avionica piantato nell’area metropolitana di Napoli, solo per citare gli esempi più importanti. La città può fare da cerniera culturale tra una economia leggera legata alla valorizzazione di un patrimonio di cultura e paesaggio dell’interno e una economia industriale che provi a proiettare i cluster del mezzogiorno oltre la questione meridionale: tra aree interne e cluster produttivi. Tutto ciò non è mero wishful thinking, ma l’idea base che anima un gruppo di esponenti dell’impresa più innovativa del Nord e del Sud, del mondo delle reti e dei saperi universitari, del Sud come del Nord del paese, e che partito nel settembre scorso con un meeting a Potenza sul tema di Industria 4.0, oggi si è sviluppato nei territori del Nord Est, a Milano, nell’Italia centrale e poi nei due poli di Napoli e Bari, coinvolgendo esponenti dell’impresa media e piccola, dalla meccanica alla moda, dall’agroalimentare fino all’impresa sociale impegnata nei nuovi modelli a rete di welfare comunitario.
Questo percorso, come dicevo all’inizio promosso e animato dall’imprenditore lucano Pasquale Carrano, entro l’anno ritornerà a Matera dove questo laboratorio culturale itinerante proverà a discutere su come la nuova industria che sta venendo avanti possa essere un fattore propulsivo per la società a Sud come a Nord, a condizione però che incontri una società e un territorio in grado di sorreggerne la trasformazione con beni collettivi, infrastrutture materiali e immateriali, saperi e qualità della vita sociale. Un percorso che da Matera vorrebbe lanciare un segnale di speranza avviando il progetto di un’associazione (non di rappresentanza né funzionale né politica) che lavori su idee e progetti e che unisca forze imprenditoriali e dei saperi, minoranze agenti in grado di promuovere progettualità. Se da Matera emergerà un progetto collettivo non solo per il Sud ma dal Sud per l’Italia, in cui l’industria torni a giocare un ruolo nuovo di civilizzazione generale, con una cultura di sfida territoriale positiva, penso che veramente potremo dire di aver portato Matera al cuore dell’Europa. Fare di Matera un luogo di connessione, scambio e riconoscimento tra fabbriche intelligenti del nord e del sud, mi pare un obiettivo interessante e importante.